Attenzione ai corteggiatori online che rubano soldi, truffano anche in Svizzera
Non sono solo le signore canadesi a finire vittima dei truffatori che si spacciano per spasimanti, come ho
raccontato di recente. Mi è arrivata infatti la sconsolata segnalazione di una persona qui in Canton Ticino (la chiamerò Anna, ma non è il suo vero nome) che si è vista truffare ben 10.000 franchi da una persona conosciuta presso un sito d'incontri personali su Internet. La persona si è presentata come Mike Smith, un ingegnere che stava finendo un progetto a Lagos, in Nigeria.
Anna e "Mike" (anche questo nome è fasullo, ma per ben altri motivi) hanno chiacchierato via Internet per una settimana circa. Mike le ha mandato la propria foto, mostrata qui accanto, e ha fatto colpo su Anna. Si è poi conquistato la sua fiducia mandandole dei documenti e chiedendole di custodirli fino al suo arrivo in Svizzera. Poi le ha mandato anche un assegno di ben 12.500 euro, che lei ha versato sul proprio conto. La banca lo ha accettato, dicendo che ci sarebbero volute circa
"3-4 settimane prima di ricevere i soldi", mi racconta Anna.
Mike, a questo punto, ha chiesto ad Anna di mandargli 500 dollari per prenotare il suo biglietto aereo; Anna, rassicurata dall'assegno, glieli ha inviati. E ne ha inviati altri, chiesti da Mike con varie motivazioni, fino a raggiungere la cifra di circa 10.000 franchi.
Un paio di settimane fa, Mike ha scritto ad Anna dicendo che aveva terminato il proprio lavoro, ma che per accedere ai propri soldi doveva pagare 3500 dollari di tasse: ha chiesto ad Anna di prestarglieli. Anna ha rifiuta, e Mike s'è arrabbiato. Il giorno dopo le ha scritto dicendo che aveva venduto il proprio orologio e dei vestiti, ma ancora gli mancavano 2500 dollari.
Dopo altri due giorni, Mike ha scritto di nuovo, dicendo ad Anna che lui era in ospedale perché s'era sentito male per colpa della signora e che gli servivano 150 dollari per le medicine. Anna, scossa, glieli ha mandati. Mike ha lasciato passare qualche giorno e si è rifatto vivo, chiedendo 100 dollari per pagare Internet, altrimenti non avrebbero potuto più chattare. Anna ha rifiutato e i contatti si sono interrotti.
Anna è tornata sul sito d'incontri e ha trovato Mike che corteggiava già un'altra donna. Poi le è arrivata la risposta della banca: l'assegno era falso e quindi Anna aveva mandato soldi buoni tramite Western Union in cambio di carta straccia. Mike Smith non era un corteggiatore, non era un ingegnere e non si chiamava neanche Mike Smith: è un truffatore. Le sue foto sono false (il volto è di qualcun altro, forse preso da un catalogo di moda) e anche il documento che ha inviato ad Anna è falso. Un falso forse evidente a noi smanettoni d'informatica, ma credibile per chi non è altrettanto avvezzo alle trappole di Internet e alle magie del fotoritocco digitale.
Ora Anna spera che segnalando pubblicamente la propria costosa disavventura altre donne (e altri uomini, perché la truffa vale per entrambi i sessi) possano evitare di subire lo stesso bruciante raggiro, che fa leva sui sentimenti e la fiducia, ma anche sul fatto che le banche raramente avvisano che un assegno ha l'aria contraffatta, eppure spesso potrebbero farlo: gli assegni di questi truffatori sono stampati da loro e la falsificazione è evidente. La vedo persino io, che ne ho avuti in mano alcuni ma non sono impiegato di banca. Forse la clausola
"salvo buon fine" va spiegata meglio ai clienti, e di certo da sola non basta a contrastare queste truffe, nelle quali la vittima abbassa le difese proprio perché riceve un assegno che la banca accetta senza obiezioni e accredita. Salvo buon fine, però, e qui il buon fine non c'è.
La Western Union (la filiale di Locarno), invece, ha discusso la questione con Anna: dopo qualche versamento, gli addetti le hanno chiesto come mai mandava soldi in Nigeria e se era sicura di quello che faceva. Con il senno di poi, Anna ammette che non ha voluto ascoltare il loro monito. Credeva di avere in mano un assegno valido. La chiave del successo dell'inganno, insomma, è sempre l'assegno.
L'utente non esperto di Internet è quindi già vulnerabile in partenza, perché non conosce la truffa alla nigeriana; viene sedotto e poi sottoposto a pressione psicologica dal truffatore; e non trova nessuno che lo metta in guardia contro gli assegni falsi, ma anzi se li vede accettare dalle banche. La polizia, contattata da Anna, ha già risposto di non poter fare nulla: trattandosi di un crimine internazionale, parte del lavoro va svolto dalle autorità nigeriane, che hanno ben altro per le mani.
L'utente è quindi indifeso: l'unica cosa che può fare è mettere sul chi vive gli altri utenti, raccontando ad amici, amiche, colleghi e parenti che esiste la truffa alla nigeriana e che non ci si deve fidare degli assegni mandati da sconosciuti. Anna lo sta facendo tramite il suo racconto, ma il problema è che le persone più vulnerabili a questo genere di raggiro non leggono i blog e non consultano Internet. Bisogna trovare un altro canale di comunicazione per raggiungerle: per questo ne parlo stamattina nel
Disinformatico radiofonico.
Grazie ad Anna per aver voluto rendere pubblica la propria testimonianza.